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INFLUENCER MARKETING: 5 ERRORI DA EVITARE

28 Agosto 2017 /

L’influencer marketing può essere un valido alleato nella strategia di comunicazione di un’azienda. Ecco, però, 5 errori che ti faranno perdere tempo e soldi…

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Il 2017, come sostiene Forbes, è l’anno dell’influencer marketing. Non si scappa. Gli influencer, e chi si spaccia come tale (e sono tantissimi) sono dappertutto: Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat e persino Musical.ly ha dato vita a giovanissime web celebrities. Accertato che attività di influencer marketing possano davvero funzionare, bisogna anche comprendere bene, prima di lanciarsi a capofitto senza una reale conoscenza della strategia e pianificazione delle attività, quali sono i rischi da evitare per non finire nell’esborso di budget in campagne a probabile rischio default. Vediamo insieme i 5 errori più comuni quando ci si appresta a varare un progetto di influencer marketing.

Primo errore: top influencer = vendite.

È l’errore più comune, quello che fanno praticamente tutti. Ci si potrebbe stupire a leggere i dati relativi alla reale influenza di alcuni personaggi presentati in pompa magna come “icone social”. Prima di fare ogni investimento, il nostro consiglio è molto semplice: accedere ai dati. I dati non sono importanti, sono fondamentali! Mai lasciarsi abbagliare dal numero dei fan. La regola d’oro è guardare l’engagement. Del resto, che valore potrebbero avere centinaia di migliaia di follower che non ascoltano e non interagiscono? I veri influencer sono quelli che hanno un alto tasso di engagement. E ricordate: i ‘numeri’ si comprano e restano sempre ‘numeri’. L’influenza, invece, deve scatenare un’azione concreta. Altrimenti rimane solo fumo (costoso).

Secondo errore: Non è (solo) una questione di soldi.

Un influencer, se è davvero tale e non è un improvvisato, non si lascerà comprare facilmente, pena la perdita di stima da parte del proprio pubblico; pubblico che non ama essere ‘indottrinato’ a fini commerciali dal proprio beniamino. Alla maggior parte degli influencer, specie quelli meno famosi, basta anche un campione omaggio e appassionarsi alla storia per iniziare a lavorare per un brand. Quelli più affermati, ovviamente, richiederanno non solo una retribuzione in vile denaro, ma anche un progetto editoriale rilevante sul quale spendere la propria faccia. Senza un buon content, può succedere che parlino della vostra azienda e dei relativi prodotti con un tono freddo stile Algida, producendo un effetto non proprio entusiasmante.

 

Terzo errore: pensa in maniera integrata.

Gli influencer devono (imperativo categorico) essere coinvolti in tutte le fasi della strategia, non soltanto in quella relativa allo spargimento del verbo sul web. Pena il fallimento dell’intera campagna. L’influencer conosce il suo pubblico, conosce il modo di dialogare e i contenuti che coinvolgono di più la sua audience. Ecco perché è importante che l’influencer venga coinvolto e integrato nella pianificazione dell’intera campagna. Prima, dopo e durante.

Quarto errore: non restare fuori…

Un errore comune che commettono alcune aziende è quello di pensare di poter “rimanere fuori” durante la campagna di influencer marketing, lasciando l’influencer da solo in mare aperto, senza remi pensando che sia esclusivamente compito suo. Eh no. Ricordatevi sempre di segnalare un referente con il quale interagire durante la campagna, indipendentemente dal fatto che sia su Facebook, su Twitter, su Instagram o altrove. Gli utenti devono avere qualcuno a cui poter rivolgere domande, fare lamentele, lasciare dei feedback, ricevere risposte e, in generale, con cui poter comunicare.

QUINTO ERRORE: non invadere…

Non rimanere fuori, dicevamo al punto 4, ma neppure l’atteggiamento opposto: alias, l’invadenza! Molte aziende (un buon 80%) percepiscono i propri prodotti come prolungamenti della propria persona e per questo possono innescarsi dei meccanismi e delle manie di controllo davvero ossessivo-compulsive. Della serie: il brand è mio e decido io. No, non funziona così. L’influencer marketing per funzionare presuppone un rapporto sincero con gli utenti che verrà meno se faremo sentire l’influencer in gabbia e pilotato o, peggio, se redigeremo noi dei contenuti al posto suo. Sembrerà una recita, una fintissima recita mirata a farli abboccare. Avere una strategia non significa imporre il modo di comunicare il messaggio. Le forzature non sono mai una buona idea.

 

Ad ogni modo, che funzionino o meno, oggi è inutile fuggire da operazioni di digital PR e continuare a imporre strategie di marketing sulle quali ormai si è posata la polvere; a prescindere da quale sia la propria scuola di pensiero, quello degli influencer è un fenomeno che non si può ignorare e, anzi, da tener d’occhio per prepararsi a coglierne le evoluzioni. Il boom è previsto per il 2018. Stay tuned!